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Quando ci soffermiamo a guardare i nostri bambini mentre giocano, ci rendiamo conto che a volte si divertono con passatempi semplici, che ci ricordano la nostra infanzia oppure quella dei nostri genitori, e sorridendo ci viene da pensare quanto quei giochi siano "vecchi come il mondo". Stiamo affermando una sacrosanta verità, perché le origini del gioco e del giocattolo si perdono nella notte dei tempi.

L'età antica

Grazie agli importantissimi scavi archeologici e alle preziose fonti letterarie ed artistiche siamo a venuti a conoscenza di giochi e di giocattoli che il mondo antico, dai sumeri agli egizi, dai greci ai romani, ha inventato e prodotto. Questo cospicuo ed affascinante materiale ritrovato ha permesso di aprire uno squarcio sul mondo dei bambini nell'antichità: sorprendentemente scopriamo che i bambini dell'antichità utilizzavano giochi, passatempi e giocattoli simili a quelli di oggi, sia nella forma che nella sostanza, "creando, in tal modo, un senso di continuità, un allegro girotondo in cui I millenni di storia si incontrano gioiosamente e quasi si annullano" come ha affermato Marco Fittà, noto studioso del settore. (Fittà, Marco, Giochi e giocattoli nell'antichità, Leonardo Arte, Milano, 1997, p.10) E' molto bella l'immagine "dell'allegro girotondo" perché oltre ai millenni vengono cancellati i confini e le distanze, le lingue e le differenze etniche, i contesti storici di popolazioni vissute agli albori della storia, ma che sembrano coetanee dei nostri figli. Tutto ciò è straordinario e ci spinge a cercare di approfondire di più questo argomento.

I bambini dell'antichità avevano a disposizione numerose opportunità di gioco, come dondolarsi sull'altalena, saltare alla corda, lanciare l'aquilone, giocare a rimbalzello, al tiro alla fune o cavalcare un bastone, eccetera eccetera eccetera. Come ben vediamo, tutto ciò sembrerebbe rispecchiare la realtà quotidiana di un qualsiasi parco giochi dei nostri giorni, ma con la differenza di uno scarto temporale di millenni. Prendiamo ad esempio il gioco dei birilli: questo gioco risale addirittura al IV millennio a.C.

Di tutte le attività ludiche infantili abbiamo dei precisi riferimenti artistici. Rimaniamo colpiti dalle molte gustose raffigurazioni di bambini che giocano a moscacieca, a nascondino, mentre corrono o si azzuffano tra di loro, oppure intenti al gioco delle noci o a quello degli astragali (simili ai dadi), che troviamo nella scultura, nella pittura, nella ceramica, nelle decorazioni delle tombe di tutte le civiltà antiche.

Ci soffermiamo soprattutto su due giochi, qui sopra menzionati, che furono molto in voga sia in Grecia che a Roma: il gioco delle noci ed il gioco degli astragali. I due passatempi, che permettevano molte varianti di gioco, presupponevano abilità e concentrazione e venivano praticati da bambini di entrambi i sessi. Le noci avevano un significato particolare: si diceva "non giochiamo più al gioco delle noci" per indicare l'abbandono dell'infanzia per entrare nella vita adulta; invece, l'astragalo, (inteso come ossicino del tarso su cui poggiano la tibia e il perone, in questo caso veniva scelto quello delle pecore e di tutti gli ovini), usato come un dado, era considerato quasi un simbolo dell'infanzia.

I bambini avevano con gli adulti un rapporto molto stretto e diretto: insieme a loro giocavano e costruivano i propri giochi, ma arrivavano fino ad imitare le loro occupazioni simulando gare tra gladiatori, corse del circo, oppure dispute tra giudici o lotte tra soldati.

Dopo aver considerato il gioco, passiamo ad occuparci degli strumenti di divertimento: i giocattoli dell'antichità.

I reperti archeologi ci permettono di affermare che i primi veri e propri giocattoli riproducevano armi ed aratri (a simboleggiare le due attività principali delle primitive popolazioni, cioè la guerra e l'agricoltura), oppure oggetti di uso quotidiano, realizzati in miniatura ed in forme più rudimentali. Anche la bambola può essere ritenuta uno dei primi giocattoli infantili; inizialmente ebbe un valore più complesso di quello esclusivamente ludico, legato, cioè, alla sfera della religiosità primitiva e alla fertilità femminile. La bambola intesa propriamente come giocattolo viene fatta risalire, grosso modo, al 2000 a . c., nell'Egitto faraonico ed era realizzata in diversi materiali come l'avorio, il legno e la terracotta. Le bambole simboleggiavano l'infanzia delle bambine; l'atto di abbandonarle, donandole alle divinità, era sinonimo di abbandono dell'infanzia per iniziare la vita adulta, che coincideva con una precoce vita matrimoniale.

Le scoperte archeologiche hanno portato in evidenza che in tutte le civiltà antiche ricorrono costantemente alcuni tipi di giocattoli: tutti gli animali da trainare, ritrovati in grandissima quantità nelle tombe dei bambini, I simboli della tenera età come I sonagli o I poppatoi, le trottole, I preziosissimi rocchetti come lo yo - yo, I carrettini a più ruote, I cerchi, le marionette e gli automi.

I giocattoli venivano regalati ai bambini in diverse occasioni: prima di tutto al momento della nascita, quando veniva imposto il nome al neonato (come era costume romano), durante le feste religiose (le Antesterie in Grecia o i Saturnali a Roma), come ricompensa per I risultati scolastici, come gratifica per qualche obbiettivo raggiunto, oppure come consolazione per un problema di malattia. Sia in Grecia che a Roma esistevano attività specializzate per la costruzione di giocattoli, come palle, trottole ed astragali, che venivano venduti nelle agorà greche o nelle piccole fiere romane del giocattolo. Persino personaggi di grande prestigio come I matematici Archimede o Archita si cimentarono nella creazione di vari congegni per il gioco: in particolare, proprio Archita inventò i "crepitacula", comunemente chiamati sonaglini.

Ma il balocco possedeva anche un'altra valenza: grazie soprattutto ai giochi, maschi e femmine imparavano a conoscere i propri ruoli. Ci sono dei giochi che maschi e femmine facevano insieme, come giocare alla palla, agli astragali e alla trottola, ma ce n'erano altri che segnavano proprio la distinzione dei due sessi: alle bambine venivano dati gli utensili da cucina o le bambole con arredi e corredi, mentre ai maschietti si regalavano cerchi, carrettini e soldatini in stagno (conosciuti universalmente da romani, etruschi, greci ed egizi).

Il Medioevo

Il Medioevo non apportò nessun cambiamento rispetto ai secoli passati: i bambini avevano sempre molte possibilità di gioco, si divertivano a giocare con le biglie, con il cerchio e con I bastoni, si allenavano con la mazza e la boccia di legno, come facevano gli adulti nei tornei cavallereschi, o creavano giochi di abilità con la palla, imitando i saltimbanchi.

In verità, nei primi secoli del Medioevo, il giocattolo e la bambola vissero un periodo incerto: pochi sono stati I rinvenimenti archeologici e scarse le notizie letterarie. Il vuoto, che contraddistingue questi secoli, può essere spiegato dai lunghi periodi di invasioni barbariche, che distrussero e condizionarono la vita delle popolazioni, portando miseria sociale e povertà di commerci. Inoltre i giocattoli e le bambole erano costruiti in casa con mezzi di fortuna, in forme rozze e con materiali talmente deperibili, da non lasciare traccia dopo il loro temporaneo utilizzo. Le prime bambole medioevali che ci sono pervenute risalgono non prima del 1200 - 1300.

I giocattoli dei periodi successivi sembrano essere il riflesso delle conoscenze tecniche dell'epoca, come mulinelli ad alette, piccoli mulini a vento, chiuse e forni: esistevano degli artigiani che realizzavano oggetti appositamente creati per l'infanzia. Ma questa era una situazione molto privilegiava che apparteneva solo ai bambini delle case aristocratiche, perché I bambini degli altri ceti sociali, soprattutto quelli più miseri, realizzavano da soli I propri giocattoli, utilizzando i pochi materiali a loro disposizione, spesso ciottoli, pezzi di legno, erba, conchiglie e pezzi di stoffe che trovavano in casa.

A differenza del giocattolo dell'antichità, quello medioevale probabilmente non presentava una precisa distinzione tra maschi e femmine: i bambini giocavano indistintamente con la bambola o con la palla. Ma sicuramente aveva un'altra funzione, veniva, cioè, utilizzato per influenzare il destino e la posizione sociale dei bambini: al futuro prete l'altare in miniatura o piccoli oggetti liturgici, al militare I soldatini di piombo o di terracotta oppure piccoli cannoni, spade di legno, archi con le frecce, cavalli - bastone. Alle bambine, invece, che dovevano prepararsi alla futura vita coniugale, venivano regalati fusi per filare, stoviglie ed arnesi per cucinare, ma soprattutto bambole per sognare il ruolo di mamma.

Il Rinascimento

Solo nel Rinascimento si realizza un vero salto di qualità per quanto riguardava il giocattolo.

Le prime fabbriche di bambole di cui si ha notizia compaiono nel XV° secolo in Germania, a Norimberga, dove già dal finire del 1300 si erano formate corporazioni di maestri artigiani specializzati nella fabbricazione del legno. In seguito nel 1500 anche I Paesi Bassi cominciarono a produrre bambole in legno, a cui si aggiunse alla fine del secolo la produzione francese in gesso e cartapesta. In particolare fu creato un modello vestito molto raffinato e costoso, realizzato solo per I reali e le classi aristocratiche, chiamato la "parisienne", perché fabbricato a Parigi. Insieme con la bambola e al suo corredo vestiario, inizia anche una raffinata produzione di piccoli oggetti: preziose stoviglie, lussuosi corredi, elaborate case.

Era nota da tempo l'importanza del gioco nello sviluppo psicofisico del bambino e i più illustri pensatori affermavano il ruolo educativo del gioco infantile.

Già nel 1500 Montaigne (1533 - 92) sosteneva che "i giochi dei fanciulli non sono giochi e bisogna giudicarli come le loro azioni più serie". (Saggi, lib. 1°, cap.22).

Il seicento e il Settecento

Nel 1600 il filosofo e pedagogo inglese John Locke (1632 - 1704) riteneva fondamentale per il bambino apprendere attraverso il gioco: la sua concezione pedagogica risulta straordinariamente attuale. "Tutti i giochi e tutti gli svaghi dei bambini debbono essere diretti a formare abitudini buone ed utili, altrimenti saranno la causa di quelle cattive. Ogni cosa che I bambini fanno, in quella tenera età lascia loro qualche impressione, e da essa ricevono una tendenza al bene o la male; ed ogni cosa che abbia un'influenza di questo genere non dovrebbe essere trascurata" (Pensieri sull'educazione, La nuova Italia, Firenze, 1992, pp. 177 - 178). L'apparire del libro di Locke nel 1693 creò certo una piccolissima breccia nelle radicate convinzioni puritane in Inghilterra, ma il filosofo, sostenendo il valore positivo del gioco, fu il primo ad incoraggiare la curiosità dei bambini, considerandola un importante strumento di apprendimento. Meno di un secolo dopo, nel 1762, venne pubblicato "l'Emilio di Jean Jacques Rousseau (1712 - 1778), nel quale venne sottolineato un altro aspetto molto importante: il gioco come fonte di gioia, il migliore degli stimoli per l'attività del bambino. Ma nonostante la straordinaria influenza della sua opera, Rousseau non poteva sconfiggere da solo le convinzioni più conservatrici sull'allevamento dei bambini e sul ruolo del gioco. Si facevano avanti nella società, soprattutto inglese, le idee del Metodismo e dell'Anglicanesimo Evangelico, che affermavano che la volontà dei bambini doveva essere fermata e, di conseguenza, scoraggiato il gioco e proibiti i giocattoli.

Al di là di queste radicate convinzioni, che interessavano solo un settore della società settecentesca, gran parte della pedagogia riteneva che il movimento e l'esercizio fisico fossero necessari per una crescita armoniosa del corpo dei fanciulli, per cui... ecco I fanciulli divertirsi al salto della corda, a moscacieca, a nascondino, al gioco della bandiera, a rincorrersi e così via ad elencare una quantità di giochi e di divertimenti. In questa ricerca storica ci vengono in aiuto preziose e numerosissime raffigurazioni artistiche che ci fanno conoscere meglio come si divertivano i bambini dell'epoca.

È molto interessante soffermarci su un aspetto molto curioso che riguarda la bambola del 1600 e del 1700; in quel periodo storico la bambola ebbe anche una funzione diversa da quella giocosa, e cioè diventò messaggera della moda parigina in tutte le corti reali o principesche o nelle case dell'alta borghesia per fare conoscere le ultime novità in fatto di abbigliamento.

Ma verso la seconda metà del XVIII secolo avvenne un cambiamento, una inversione di rotta verso una maggiore espansione della fabbricazione dei giocattoli. La distribuzione avveniva ora attraverso diversi canali di vendita: i venditori ambulanti che smerciavano gli articoli nelle fiere e nei mercati e le nascenti botteghe specializzate che, oltre ai tradizionali giocattoli, incominciavano a proporre oggetti per l'infanzia come giochi di carte, tombole, giochi dell'oca, abbecedari, immagini a stampa con soggetti infantili.

Questa svolta nella seconda metà del secolo significava che gli adulti prestavano maggiore attenzione al mondo dei bambini, dedicando loro più tempo e investendo in modo più cospicuo in materiale didattico. Ma il Settecento deve essere ricordato come il secolo nel quale incominciarono a fare la loro comparsa i giochi che derivavano dalle grandi invenzioni del secolo, come le lanterne magiche, che utilizzavano le leggi dell'ottica per proiettare immagini, e i sorprendenti ed ingegnosi giocattoli animati, che sfruttavano le conoscenze delle leggi fisiche e I dinamismi della legge di gravità. Il grande interesse del 1700 per tali congegni portò alla realizzazione delle prime bambole meccaniche: infatti nel 1701 in Inghilterra, che era diventato produttore di bambole soprattutto in cera, fu venduto un bambolotto che, grazie ad un dispositivo interno, poteva girare gli occhi ed emettere vagiti. Inoltre nel 1737 a Parigi furono costruite bambole semoventi e addirittura musicali. Si dovrà aspettare quasi un secolo, il 1823, per le bambole parlanti, e il 1826, per quelle che camminavano e aprivano e chiudevano gli occhi. Si arrivò anche bambole che mandavano baci, che piangevano e persino nuotavano.

L'ottocento

La pedagogia del 1800 è una pedagogia che esorta al gioco: Friederich Frobel (1782 - 1852), educatore e pedagogista tedesco affermava che "il gioco è la vera attività naturale del bambino", riconoscendone l'insostituibile valore educativo". Inoltre sottolineava che "I giuochi dell'infanzia non sono da riguardarsi come frivolezze, ma come cosa di molta importanza e di un profondo significato. Essi sono, per così dire, il germe di tutta la vita avvenire, perché tutto l'uomo si svolge e quasi si rispecchia in essi, fino nelle più piccole disposizioni e nel più intimo dell'animo. Da essi dipendono le future relazioni del fanciullo, in conformità alle sue speciali e naturali disposizioni, col padre e col la madre, coi fratelli e sorelle, in generale colla famiglia, colla società civile, colla natura e con Dio".

Nella società ottocentesca il giocattolo diventò sempre più importante; soprattutto in Germania, Inghilterra e Francia nacquero fabbriche per la produzione in serie di materiale ludico, che incominciò ad essere suddiviso a seconda dei ceti, delle età e del sesso dei bambini. Vennero costruiti I primi giocattoli meccanici e si cominciò a diffondere la prima produzione di massa, concepita come attività industriale. Già nel 1793 il commerciante di giocattoli Bestelmeier di Norimberga aveva a disposizione nei suoi cataloghi più di 12000 articoli (bambole, soldati, animali etc.), in tutte le possibili varianti dalla più piccola alla più grande, dalla più economica alla più raffinata. In una fabbrica tedesca tra il 1754 e il 1884 si produsse un miliardo di bambole in porcellana, mentre in un solo anno, il 1893, a Sonneberg furono fabbricate 2 milioni di testine di bambole.

L'industria del giocattolo visse la sua stagione d'oro tra il 1850 e il 1914, un periodo segnato da grandi mutamenti storici, sociali e culturali. Particolare successo riscossero i giocattoli in latta tra i bambini dell'epoca, perché oltre alla precisione nella fattura e nella ricerca di eleganza nelle forme e nei colori, riproducevano le grandi invenzioni avvenute nel campo della meccanica. Infatti con questo materiale furono realizzati carrozze a cavallo, automobili, navi, trenini, dotate di sofisticati meccanismi ed azionate dal vapore; inoltre furono creati con la latta anche giochi meccanici che raffiguravano animali, clowns, acrobati o curiose raffigurazioni di mestieri, dotati di movimenti automatici molto semplici. Uno studioso ricorda in un suo saggio un gioco che riproduce un giocatore di biliardo che colpisce con la stecca una pallina mandandola dentro a varie buche; con un semplice meccanismo la pallina ritorna nella posizione centrale del tavolo (Cavalli, Giancarlo, Giocattoli di latta, in catalogo della mostra "Il castello dei Balocchi", Allemandi Editore, Torino, 2000, p. 21).

L'industria del giocattolo incise in modo preponderante sull'economia del paesi produttori, ma l'Italia iniziò tardi la produzione di balocchi: per i giocattoli in legno la prima industria sembra essere nata ad Asiago nel 1885 ad opera di Giovanni Lobbia, mentre la prima industria di giocattoli e di bambole è stata la Furga di Canneto sull'Oglio (Mantova) fondata nel 1872 da Luigi Furga Gomini. Proprio nel campo della produzione di bambole si assistette ad una produzione enorme di esemplari, destinata sia al mercato europeo che americano, per potere soddisfare una clientela in grande espansione, sempre più esigente e ormai viziata da un continuo avvicendarsi di prodotti sempre nuovi.

Negli anni 20 e 30 del Novecento iniziarono e si svilupparono industrie del settore, soprattutto tedesche, che proprio tra le due guerre raggiungono l'apice nella perfezione della costruzione, nella qualità dei materiali impiegati e nella scelta dei soggetti. Ma la seconda guerra mondiale sconvolse completamente ogni equilibrio possibile, segnando profondamente anche le produzioni di balocchi. Le fabbriche furono chiuse distrutte o adibite ad altri usi, le materie prime si esaurirono, non ci furono più ordini o richieste di giochi. Lentamente, nella faticosa fase di ricostruzione, cominciò a cambiare qualcosa: si iniziò, soprattutto, a fare uso di nuovi materiali , come la celluloide e la plastica, che apportarono una vera rivoluzione nella produzione di bambole e balocchi (Tosa, Marco, Le Bambole, Fabbri Rizzoli Grandi Opere, Milano, 1993, p. 81). Ma poi è storia dei nostri giorni.

La pedagogia moderna

Le teorie pedagogiche di John Dewey (1859 - 1952), Sergej Hessen (1887 - 1950) e soprattutto di Jean Piaget (1896) affermarono in maniera inequivocabile il ruolo fondamentale del gioco nel processo di apprendimento e formazione del bambino; e di conseguenza il giocattolo fu considerato uno strumento fondamentale, parte integrante di questo processo.

Proprio sulla base delle idee innovative di Dewey e di Maria Montessori (1870 - 1952), nel 1899 nacque a Brooklyn il primo Children Museum (Museo dei Bambini), cui seguì a breve distanza il Children Museum di Boston. Questa rivoluzionaria sperimentazione fu dettata dalla consapevolezza che le metodologie di apprendimento infantile divergevano nettamente da quelle degli adulti e I bambini apprendevano più facilmente attraverso il gioco e la partecipazione attiva in attività diverse da quelle tradizionali come leggere e scrivere. Il bambino imparava giocando e sperimentando alcune realtà che rappresentano un continuo stimolo alla creatività e all'immaginazione.

Dalle prime esperienze di struttura educativo - museale è stata fatta molta strada; attualmente solo negli Stati Uniti esistono 300 musei per bambini finalizzati a tre attività di apprendimento: imparare facendo, imparare esplorando, imparare toccando. Sono raggruppati sotto la definizione "Hands - on - museums" e possiedono una loro associazione AYM (Association of Youth Museums). Gli anni 70 hanno visto uno sviluppo straordinario di iniziative museali rivolte ai bambini in Europa, ma in Italia solo nel dicembre 1998 è stato aperto a Genova il primo Museo dei Bambini.

Un altro aspetto da sottolineare è il progressivo interesse per la storia del gioco e del giocattolo, che vede nascere iniziative, esposizione, mostre d'arte, con il coinvolgimento attivo anche dei bambini, per fare conoscere come giocavano I fanciulli di una volta (come avviene presso il Centro per la cultura ludica di Torino oppure presso l'Accademia del gioco dimenticato a Milano). Inoltre in questi anni sono stati aperti molti musei del giocattolo con diverse specializzazioni, e questo ha permesso di registrare un incremento considerevole del numero di appassionati e di collezionisti.

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